08 Sep 2020 - MDA DS
Uno dei libri di poesie che ho letto più recentemente è “disturbi del sistema binario”, di Valerio Magrelli.
Comprai il libro ad un negozio mondadori, mentre passeggiavo con mio fratello e ci fermammo a sbirciare qualche copertina.
La poesia che, appunto spizzando, mi convinse a comprarlo fu “l’ombra”, che tra l’altro fu quella che mi rimase più impressa, sebbene non penso si a tutto tondo la migliore del libricino.
Domenica mattina,
mi risveglia la voce
di mia figlia che gridando
dalla cucina chiede
a suo fratello
se davvero la Bomba,
quando scoppia,
lascia l’ombra
dell’uomo sopra il muro.
(Non di «un uomo»:
«dell’uomo», dice). Lui
annuisce,
io mi giro dentro al letto.
Ciò che colpisce della poesia è innanzitutto il ritmo ben cadenzato e lento, che si adatta alla sensazione di dormiveglia in cui dice di trovarsi l’autore, ma soprattutto l’assonanza tra bomba e ombra, distanziata da scoppia, una parolacon un suono rotondeggiante e pieno, che imprime dannatamente bene le due parole di cui sopra nel lettore;
quindi un nucleo bellissimo a livello di sonorità.
Segue poi un verso più lungo, che chiude il blocco narrativo e lascia spazio alla conclusione in cui si trova una specificazione tra parentesi tonde, tratto stilistico, che peraltro torna più volte in tutta la raccolta, che qui non ho amato molto.
Nel senso: per cominciare è uno specificare non troppo necessario, l’importanza di quell’articolo per “uomo” parla chiaro da se, è evidente che l’autore vuole inserirsi più direttamente nella narrazione per far sentire, forse, il lettore meno estraneo, che ci può stare, e tuttavia spezza un ritmo della poesia che invece secondo me funzionava dannatamente bene.
Insomma si arriva poi alla vera conclusione, in un verso che da un lato riporta all’atmosfera domestica il tutto, ma dall’altro evidenzia come questa atmosfera sia oramai disturbata: “annuisce”, un singolo gesto in un verso rapido, schietto e cubitale, seguito da un gesto molto più lento e intimo, appunto disturbato e debole, come il rigirarsi nel letto.
Riguardo il significato, la mia interpretazione è chiaramente che le bombe e le armi e tutta una categoria di progresso e tecnologia della morte, prima ancora di uccidere esseri umani uccidanol’Uomo, cioè lo spiritopositivo di umanità e fratellanza che potrebbe e dovrebbe accomunarci tutti, Con il loro semplice esistere ed essere attivamente perseguiti: Oppenhaimer era diventato morte già nell’istante in cui la sua bomba atomica aveva mostrato di poter uccidere e di poterlo fare in modo così efficiente.
La bomba, col suo esserci, lascia una grossa macchia sullo spirito umano, una macchia che anticipa e prelude all’ombra di uomini spalmati sulla terra che la sua esplosione è capace di creare.
Tutto ciò è raccontato in una scena di vita domestica, addirittura di domenica, l’apice del riposo familiare, quindi un ambiente che dovrebbe essere sicuro e intimo e gioioso, sentimenti che nell’intuizione di un attimo possono svanire, lasciandoci a rigirarci nel letto come in preda a un brutto sogno.
Insomma una poesia fantastica con un dettaglio stilistico che mi ha fatto un po’ storcere il naso, ma che nel complesso ho apprezzato moltissimo, al punto che se penso alla raccolta penso a questa in particolare, sebbene ce ne siano tante altre molto belle come: “canzonetta sulle sirene catodiche”, “si riparano personal [computer]”, “guardando i resti di un’audiocassetta nella sosta di un viaggio d’estate” e “la famiglia del poeta”.
Riporto ora una mia poesia in cui ci sono alcune sonorità e tematiche simili:
il tic-chet-ti-o interminabile
dell’ordigno disinnescato
che non esploderà
Terrore dimenticato
nel silenzio del suo tic-chet-ti-o
inestinguibile, normale
Orrore scoppiato
di soppiatto
Scritta in piena quarantena, come un po’ tutta la raccolta1, la poesia parla di quella sensazione di disagio che ti coglie nel momento in cui esci dallo schema di distrazioni della quotidianità;
Sebbene le bombe siano lontane dall’uomo comune, viviamo in un ambiente continuamente bombardato ad altre potenziali armi terrorifiche come i media e l’informazione in primis, un’atmosfera calda e soffocantedi cui possiamo sentire il ticchettio inquietante se solo smettiamo di darlo per scontato, come se la perenne presenza di una bomba sotto il nostro letto la renda innoqua semplicemente perché scontata e ovvia.
Insomma la vita ha assunto a tal punto le sembianze di una guerra, che viviamo con un fucile puntato dietro la schiena e non ci facciamo neppure più caso.
Tecnicamente la poesia si divide in due blocchi fondamentali: la narrazione principale, racchiusa tra “tic-chet-ti-o” e “tic-chet-ti-o”, un suono perenne e interminabile, in grosso chiasmo spaccato, e il sunto dell’opera nei due versi finali, marchiati da questa assonanza prepotente tra “scoppiato” e “soppiatto”, dannatamente difficile e ingombrante da mandare giu.
Il primo blocco procede cadenzato e stressante, c’è questa minaccia proprio dietro l’angolo e sebbene non puoi sentirla o vederla la percepisci con tutto te stesso, il secondo rapido e monolitico racchiude come in un detto laverità precedentemente intuita.
Nel mezzo poi il tentativo fugace di additare un colpevole nella normalità, capace ormai di porsi a giustificazione universale di qualunque cosa.
Con questo è tutto; Vi suggerisco di dare una letta all’opera di Magrelli e spero che anche la mia poesia vi sia piaciuta.
Come al solito se volete scrivetemi pure all’indirizzo email di cui sotto.
La poesia è tratta dalla raccolta “sentirsi come si sente solo dio”, che puoi trovare nella vetrina delle opere in homepage. ↩