18 Sep 2020 - MDA DS
Scrivere un post sulle filastrocche è una cosa che prima o dopo avrei dovuto fare; ho preso quindi l’occasione della stesura di una composizione ispirata ad una filastrocca, ultimamente, per buttarlo giu.
Il passo iniziale sarebbe allora definire cos’è una filastrocca, la cosa però risulta meno banale di quanto sembri; infatti più o meno tutti entriamo in contatto con le filastrocche da bambini, quindi come forma compositiva si insinua nei suoi modi come un’ovvietà e la riconosciamo senza farci caso o chiederci perché.
Non sapendo quindi che pesci pigliare spizziamo banalmente wikipedia che ci dice due cose fondamentali delle filastrocche:
Come aspetti risultano, questi, fondamentali, nel senso che l’anima di una filastrocca sta in effetti nel suo essere accattivante, cosa che la rende efficientissima da un lato nel distrarre ed essere un valido passatempo, dall’altro nel trasportare un messaggio e renderlo cultura nota aiutando a memorizzarlo.
E la cosa che rende così dannatamente affascinante la filastrocca forse è proprio questa: essere al tempo stesso un momento di gioco e di insegnamento, cosa che la rende a mani basse lo strumento perfetto per intrattenere i bambini, così come la fiaba, che in effetti potrebbe considerarsi la sua controparte prosaica.
Dal canto mio sono diversi i componimenti di stile filastroccheggiante che, in diversi momenti della mia “carriera”, ho scritto, anche perché uno dei miei autori preferiti di sempre è Palazzeschi, i cui scritti hanno spesso un che di fiaba o filastrocca e il cui stile richiama spesso e volentieri di temi del riso e del gioco.
Non per questo tuttavia scade nel banalmente infantile, creando anzi un’atmosfera di gioco e insegnamento in un contesto adulto, dove lascia nettamente più il segno e costringe a una valutazione più attenta.
In merito consiglio di leggere le opere di palazzeschi, in particolare “il codice di perelà” e le poesie del periodo incendiario di cui “lasciatemi divertire” e “la mano”, una delle mie preferite di sempre.
e abbandonando quindi Palazzeschi, su cui prometto che farò un post in futuro, passiamo a qualcuno dei miei esempi.
Dormo meglio quando bevo
che il cervello è più leggero
il piede più pesante
e davanti agli occhi il nero
è la cura più calzante
per ogni essere pensante
tanto meglio poi se sbocco
rende tutto più frizzante
e mi stimola l’abbiocco
col lenzuolo a mo di fiocco
e morfeo che mi si prostra
pare tutto un gran balocco
che sia un letto od una giostra
come nido mi si mostra
fosse pure un marciapiede
piovo giu come una lastra
mentre il sonno prende piede
e il pensiero mio si siede
può sembrare una mania
ma il mio corpo me lo chiede
soffro di claustrofobia
manco fosse colpa mia
non ci vedo quasi più
e il cervello piomba giu
Gia il titolo rivela l’ispirazione ad una filastrocca, sebbene la tecnica sia poi inserita in un contesto adulto, quello del consumo di alcolici, ridotto però quasi a gioco.
E proprio a questo scopo lo stile usato si presta particolarmente bene, unitamente ad uno schema di rime piuttosto rigido e che, con il penultimo verso di ogni strofa che connette alla successiva, costringe la narazione a scorrere spedita, rendendo il ritmo appunto più rapido e incalzante, salvo poi un’interruzione netta con le ultime due coppie di rime che chiudono in modo spettacolare e repentino la narrazione.
Se quindi nel complesso viene meno l’aspetto didattico proprio delle filastrocche, anzi c’è quasi un gloriarsi dei temi disgustosi o bassi (ad esempio la lieve esaltazione del vomito), tuttavia l’aspetto ludico e quello musicale ci sono completamente.
Altro esempio:
Giro giro e ruota tutt’intorno
sotto cento e più passi crollerà il mondo
e tutti entusiasti in coro giocondo
tra mille schiamazzi toccano il fondo
senz’avviso cadrà anche la terra
scossa e bruciata nel cuore dalla guerra
cupa e ferita ogn’anima afferra
e brutale infine tutti sotterra
e spentosi il malato furore
nato e cresciuto in mano al terrore
affievolito infine ogni ardore
non si udirà mai più alcun rumore
giunto il silenzio e ferma la mano
in pace sapendo ogni gesto sia vano
risolto nel nulla quest’ultimo arcano
rido al fato del genere umano
è così che va e tutti lo sanno
ma è così che va perché tutti lo fanno
e se così andrà per comune affanno
sempre così andrà di comune danno
Esempio questo un po’ più difficile da analizzare;
è chiaro che la base di partenza è una filastrocca, addirittura l’inizio è basato precisamente sull’attacco del classico girotondo2, tuttavia ci sono delle dissonanze rispetto a un componimento puro del genere.
Intanto i versi sono generalmente lunghi, nel comporla feci anche il conteggio delle sillabe che, salvo il mio applicare la sinalefe un po’ a caso, dovrebbero essere regolari per tutte le strofe, con l’effetto chiaro di rallentare molto la narrazione, cosa questa che se da un lato fa perdere in facilità mnemonica dall’altro fa guadagnare in profondità di lettura.
Il prolungato tempo che ci vuole nello scorrere i versi implica un maggior ponderare il verso stesso, quindi un peso maggiore che riflette l’importanza del messaggio, infatti qui torna completamente l’aspetto didattico, soprattutto nella parte finale in cui, dopo aver spiegato in un certo senso il problema fatale dell’umanità, si prova a dare una motivo che sebbene possa difficilmente portare ad una soluzione, infatti il tono è poco speranzoso, può portare ad una individuale liberazione catartica, nella consapevolezza che sebbene il mondo vada incontro alla rovina c’è sempre la possibilità di non far numero nel computo di tutti quegli uni che determinano questo fato, ed in questo ricorda un po’ il girotondo di De Andrè, sebbene non centri nulla con la stesura a suo tempo;
Magra consolazione? probabilmente, ma comunque un tentativo didattico.
A parte questo resta una giocosità ritmica, quindi il componimento risulta un po’ come un vino dolce ma liquoroso, impegnativo e stimolante, ma invitante allo stesso tempo, o almeno questo è l’effetto cercato.
Nel complesso comunque è una poesia, questa, molo legata al contesto dell’opera, breve ma che vi invito a leggere.3
Passiamo ad un ultimo esempio, quello recente che accennavo all’inizio del post4:
Nella nuova fattoria
delle bestie una morìa
di galline un bel milione
stipate in un capannone
fanno uova a profusione
di maiali qualche centinaio
nella baracca dietro il pollaio
stanno in gabbia tutto il dì
rannicchiati nella pipì
poi ci stanno tante vacche
attaccate al tiralatte
attendendo la pensione
non c’è niente di più bello
di una gita giu al macello
il solo modo di andar via
dalla nuova fattoria
Questa rispecchia sicuramente più della precedente dei canoni tradizionali per una filastrocca: rime incalzanti ed un ritmo veloce ma musicale.
Scritta sulla falsariga della canzoncina per bambini de la vecchia fattoria, rovescia tuttavia l’atmosfera, descrivendo con crudezza e nonchalance una situazione che dovrebbe risultare quantomeno fastidiosa per la sensibilità, che tuttava potrebbe passare facilmente inosservata coperta dal ritmo piacevole.
Tutto ciò vuole porsi a grossa metafora del mondo che questo tipo di produzione copre, un mondo di agi futili e a spese del mondo nella sua interezza ed integrità che tanto facilmente copre il suo prezzo caro e le sue conseguenze difficilmente reversibili.
Tuttavia ci sono dei versi per codì dire disturbanti, che appunto tentano di spezzare la musicalità e riportare per un attimo il lettore sulla strada del discorso razionale, ovvero “fanno uova a profusione”, che pur mantenendo la rima crea una triplice verso rimato che molto difficilmente si accorda con un genere di ritmo solitamente pari e regolare e quindi si manda giu stranamente a fatica, e “aspettando la pensione”, che invece è inserito come verso di mezzo tra due coppie rimate,facendo da cuscinetto tra esse e quindi rendendo lo scorrimento leggermente più impegnativo.
Quindi dei brevi atti disturbanti che stanno li per distrarre il lettore dalla distrazione, ovvero la musicalità semplice, e riportarlo ad una analisi più profonda, in questo senso quindi un’antifilastrocca, laddove l’insegnamento sta al di fuori dei canoni filastroccheggianti e nel superamento degli stessi per giungere ad una fase di apprendimento attraverso la critica;
Questa almeno la mia riflessione.
Come sempre liberissimi di trarre le vostre conclusioni e critiche sulle opere di cui sopra, il bello dell’arte sta anche in questo dopotutto. Con questo vi lascio, fatemi sapere cosa ne pensate, se volete, scrivendomi all’indirizzo email che trovate più sotto, dopo le note; Al prossimo post.
Tratta dalla mia prima raccolta “gente che grida piano”. ↩
scusate il video strambo, ma era perfettamente esplicativo; spizzate anche questo. ↩
Si tratta della parte di chiusura di “Paradosso social-mediatico”, che trovi sempre nella vetrina delle opere. ↩
Sarà inserita nella prossima raccolta, attualmente in stesura. ↩