12 Apr 2021 - MDA DS
Dopo diversi mesi di gestazione ho concluso la mia ultima raccolta.
Ho recentemente ultimato la grafica della copertina fronte e retro e, in concomitanza a questo post, l’ho caricata sul blog, nella vetrina delle opere.
Personalmente l’ho vissuta come un momento prolungato di ispirazione legata anche alle varie letture, approfondimenti e studi di questi mesi.
Forse proprio per via di questi impegni il risultato finale potrebbe sembrare meno sperimentale e caotico, più assestato; Almeno questa è la mia impressione.
Partiamo dal titolo: la principale ispirazione per titolo e atmosfera è stata l’opera di Jean-Francois Lyotard “La Condizione Postmoderna”, di cui uno spezzone particolarmente significativo è infatti riportato in retro copertina.
Da questa ispirazione fondamentale prende le mosse un filone narrativo concettualmente piuttosto coeso, in cui l’ordine delle poesie rappresenta un susseguirsi logico di suggestioni.
Una delle particolarità maggiori, rispetto ad altre mie opere, è infatti la struttura ben più legata e fitta.
Ad esempio sono emblematici in questo senso i pezzi in apertura e chiusura: nei primi entra il tema della pistola alla testa, cui segue la scena di un suicidio secondo queste modalità, che rappresenta tra l’altro un momento chiave della narrazione ed echeggia alla fine attraverso l’immagine in retro copertina; Alla fine invece si trova un trittico dai connotati televisivi, che mostra un macabro e deprimente che va a diluirsi e nascondersi, reso sempre meno esplicito, terminando emblematicamente con la pubblicità.
E’ la pubblicità proprio il momento culmine del processo narativo dell’opera, che mostra un progressivo svilimento umano, tramite un’inquadratura sempre più irreale e alienata, a tratti fuori dal mondo nonostante i temi urgenti e pregnanti.
Per esemplificare questo concetto si può guardare alle due figure della prostituta e del palazzo fatiscente, centrali rispettivamente in “ritratto fisiognomico dinamico di una puttana” e in “palazzo pazzo” ed entrambi parte di sottoblocchi narrativi, che vengono osservati in modo allucinante e stralunato, a volte grottescamente fiabesco, affetti da un male sottocutaneo e intrinseco al mondo che li circonda a tal punto da rendere impossibile inquadrarlo e, conseguentemente, focalizzarli nella loro drammaticità, in quanto l’atmosfera drogante in cui siamo immersi non o permette.
Questa drammaticità incomunicabile, che viene passata, un po’ come la patata bollente di “Deriva Antropica”, silenziosamente di poesia in poesia, ogni volta ad un soggetto e ad un punto di vista differenti, resta imprigionata negli occhi di chi guarda, gli occhi della già citata figura in retro copertina,provati dalla discesa nell’abisso della disumanizzazione cui questa società spinge tramite il ricatto originale esposto in “la morte pianificata della creatività”: soccombere tutto insieme o poco a poco.
Mentre invece delle due possibilità date da Lyotard è chiaro il risultato, lo viviamo a piene mani: il terrore postmoderno.