Ungaretti, un approfondimento: I Fiumi

06 Jul 2023 - MDA DS

Proseguiamo con il secondo approfondimento relativo all’opera “L’Allegria” di Ungaretti.
La pesia in questione è “I Fiumi”, dalla seconda sezione della raccolta; Di seguito il testo.

Ho volutamente aggiunto la mia interpretazione della scansione metrica sul testo, in quanto l’analisi che faccio si basa massicciamente su di essa1:

Mi tengo a quest’albero mutilato [11]
abbandonato in questa dolina [11]
che ha il languore [6]
di un circo [3]
prima o dopo lo spettacolo [8…]       5
e guardo [3]
il passaggio quieto [6]
delle nuvole sulla luna [9]

Stamani mi sono disteso [9]
in un’urna d’acqua [6]       10
e come una reliquia [7]
ho riposato [5]

L’Isonzo scorrendo [6]
mi levigava [5]
come un suo sasso [5]       15

Ho tirato su [6!]
le mie quattr’ossa [5]
e me ne sono andato [7]
come un acrobata [5…/6…]
sull’acqua [3]       20

Mi sono accoccolato [7/8]
vicino ai miei panni [6/7]
sudici di guerra [6]
e come un beduino [7]
mi sono chinato a ricevere [11]       25
il sole [3]

Questo è l’Isonzo [5]
e qui meglio [4]
mi sono riconosciuto [8]
una docile fibra [7]       30
dell’universo [5]

Il mio supplizio [5]
è quando [3]
non mi credo [4]
in armonia [5]       35

Ma quelle occulte [5]
mani [2]
che m’intridono [5]
mi regalano [5]
la rara [3]       40
felicità [5!]

Ho ripassato [5]
le epoche [3…]
della mia vita [5]

Questi sono [4]       45
i miei fiumi [4]

Questo è il Serchio [6]
al quale hanno attinto [7]
duemil’anni forse [6]
di gente mia campagnola [8]       50
e mio padre e mia madre [8]

Questo è il Nilo [5]
che mi ha visto [4]
nascere e crescere [5…]
e ardere d’inconsapevolezza [11]       55
nelle estese pianure [7]

Questa è la Senna [6]
e in quel suo torbido [7]
mi sono rimescolato [8]
e mi sono conosciuto [8]       60

Questi sono i miei fiumi [7]
contati nell’Isonzo [7]

Questa è la mia nostalgia [9]
che in ognuno [5]
mi traspare [4]       65
ora ch’è notte [5]
che la mia vita mi pare [9]
una corolla [5]
di tenebre [4]

Trattasi del componimento più cospicuo della raccolta, 69 versi totali, confrontati coi 60 (mediamente anche piu brevi) di “Giugno”.
È altresì un componimento estremamente importante, che racchiude molti dei temi fondamentali dell’opera.

Una suddivisione abbastanza immediata è in 3 parti, piu una chiusa:

  1. una prima parte che comprende le prime 4 strofe, quindi 8+4+3+5=20 versi;
  2. Una seconda parte comprendente dalla quinta all’ottava strofa, quindi sempre 4 strofe di 6+5+4+6=21 versi;
  3. La terza parte comprendente tutto il resto del componimento ad esclusione dell’ultima strofa, appunto la chiusa, quindi 6 strofe da 3+2+5+5+4+2=21 versi;
  4. la strofa finale come chiusa di 7 versi.

Riconoscere questa scansione ci aiuta tantissimo nell’analisi, poiché le strutture interne sono tutte notevoli; In particolare le tre parti hanno più o meno una stessa durata metrica, 20-21-21 versi, ma la terza si distanzia in quanto a scansione strofica.
Le prime due parti, invece, si corrispondono, hanno infatti la stessa quantità di strofe ed anche i rapporti tra strofe si somigliano, andando dapprima a calare in lunghezza per poi assestarsi sul punto massimo di nuovo, con l’eccezione che la prima strofa invece di essere di 5 versi, come imporrebbe la scansione, è di 8 in quanto ha ruolo anche di attacco e fa corrispondenza con la chiusa a livello metrico, 8 e 7 versi rispettivamente, e geometrico.

A livello narrativo queste due parti racchiudono due momenti del passato più prossimo, avvenimenti della mattina, ad eccezione dell’attacco al presente e del tratto che comincia alla strofa 6 in cui il presente però ha piuttosto un ruolo di assoluto atemporale, indica un’essenza immutabile nello stesso costrutto che caratterizza tutta la terza parte, che vedremo piu sotto.
Il primo avvenimento è il riposo del poeta nelle acque dell’Isonzo, episodio narrato con temi moruari (“urna”, come anche “quattr’ossa”) che mantengono una certa atmosfera lugubre e malinconica, che irrompe fin dai primi versi coi termini “mutilato” ed “abbandonato”.
Notevole è la metafora del circo ai vv.4-5 (e richiamata al v.19): il momento a riposo del circo mostra tutta la finzione, la solitaria tristezza degli abitanti di quella farsa.
Verso in assoluto chiave è tuttavia il v.15: in quel momento il tempo si fossilizza per un attimo, a scorrere è solo l’acqua, e il poeta-narratore diventa parte integrante del fiume, completamente pertinente e quieto.
Tale sensazione resta comunque parziale (per ora) a causa della narrazione al passato.

La parte due sconvolge questo ordine doloroso.
La strofa 5 subito parte con una scissione fondamentale: il poeta e la sua veste di soldato si separano in due entità separate, e il gesto di prendere il sole è narrato col termine “ricevere”, come un dono, come forse nella pratica battesimale.
Queste due evenienze sono a tutti gli effetti una benedizione illuminante.
Il presente assoluto della strofa 6 cristallizza questa sensazione: spoglio dell’uniforme e soggetto alla natura, paradossalmente, Ungaretti diventa parte di un tutto, come quel sasso dell’Isonzo, nel fugace momento precedente, “una docile fibra / dell’universo” che gode di un’armonia atemporale che non necessita il sudiciume della guerra.
Da notare il termine “riconosciuto” al v.29, che diventerà “conosiuto” al v.60, a testimmoniare ulteriormente questo cambiamento nella consapevolezza del poeta.

Il momento illuminante dura solo entro la strofa 6, ma cambia la prospettiva di tutto il componimento e, verosimilmente, del narratore.
La lotta interiore di Ungaretti con se stesso, dove si sente tanto italiano quanto straniero, quindi fuori posto ovunque, la stessa lotta che proietta in Moammed Sceab ne “In Memoria”, che prova a guarire con la divisa in “Italia”, è un’illusione con cui si tortura credendosi “non […] / in armonia”.
Questa consapevolezza si schiude del tutto nella parte 3, dove il presente assoluto e atemporale permea ogni strofa, con il costrutto “Questo è”: l’atto di nominare, etichettare, le cose, che le doma e le pone in uno stesso universo, dove il poeta è un nodo in armonia con gli altri.

A livello tematico qui troviamo l’elencazione delle parti che fanno di Ungaretti un tutto: la parte italiana col fiume Serchio, quella africana col Nilo e quella francese con la Senna.
Queste componenti diventano di colpo in armonia, laddove in tutta la raccolta ci sono contraddizioni e contese tra queste parti, che si battono ed escludono fiondando il poeta in un limbo identitario.
Questo limbo identitario è in effetti una delle chiavi di lettura assolute della raccolta, è quindi notevole ed importantissimo che il problema si risolva, temporaneamente in quanto nel tempo del solo componimento, ma anche assolutamente in quanto in maniera convincente, con l’eliminazione della guerra e dello scontro.
Mettendo da parte le contese le parti dell’uomo Ungaretti possono fare pace tra loro e ricongiungersi col solo fattore discriminante della natura, la cui armonia è pacificante e benedetta: Salvifica.

A parte la chiave tematica, che mette questo componimento nei gradini più alti della raccolta, fondamentali sono le strutture metriche che emergono in questa terza parte.
È tutto giocato su un equilibrio architettonico tra distici isometrici e sequenze alternate: ad esempio le coppie dei vv.45-46 e vv.50-51 sono distici isometrici, mentre i vv.47-49 e vv.64-66 sono terzine alternate.
I distici sono i punti di arrivo logici e danno stabilità, mentre le alternanze movimentano la narrazione nell’arrivare a questi punti di arrivo; In tal modo si rendono evidenti le chiavi di lettura dell’opera: i distici sono in armonia, la summa gioiosa delle incertezze e titubanze delle alternanze metriche.
La strofa 11 è scandita come se-sette-ottonari, la 12 come quater-quinari con un endecasillabo e un settenario e la 13 come la 11.

Segue la chiusa in cui la coppia del distico si spacca. I vv. 63 e 67, isometrici, sono separati dai tre qui-quater-quinario alternati; Quindi il costrutto che dava armonia e bilanciava si sfalda e proprio nel momento in cui anche l’assoluto temporale si scioglie, in quanto si torna a parlare di un “ora”, ed in cui questo rassicurante momento di pace interiore ed esteriore finisce.
Giunge la notte, torna la sofferenza e l’incertezza, Ungaretti torna ad essere un soldato, straziato internamente dalle sue divisioni e spaccature, cui ogni notte potrebbe essere l’ultima.

Va fatto un veloce approfondimento sulla mia scansione metrica delle strofe 13 e 16.
Ho considerato i vv.63 e 67 come novenari, ovvero dieresi su entrambi i “mia”, innanzitutto perché in tal modo la scansione enfatizza il senso di spaccatura e che tale spaccatura sia propria e indelebilmente interna all’autore.
Inoltre per una certa simmetria tra il novenario e la somma tra quinario e quaternario.
Per finire, e soprattutto, perché in tal modo emerge completa la struttura che vuole le scansioni delle ultime strofe come serie alternata di versi di 6-7-8, di 5-4-9, di 6-7-8 e ancora di 5-4-9.

Per rendere coerente questa analisi metrica tocca ovviamente notare che, sebbene alla strofa 12 non ci sia una coppia di novenari ma bensì un endecasillabo più un settenario, se consideriamo i vv.55-56 insieme su un solo rigo hanno a tutti gli effetti la durata di due novenari, e la spaccatura sarebbe tra le sillabe “vo” e “lez” nella parola “consapevolezza” per creare artificialmente una scansione metricamente perfetta.

Se consideriamo questi artifici metrici, che reputo credibili, notando che nella raccolta successiva Ungaretti si mostra estremamente meticoloso coi suoi versi, impeccabile nelle scansioni di diversi metri ed evidentemente competente, otteniamo quello che a parer mio è il punto tecnicamente più elevato della raccolta tutta.
Strofe di una sapienza e competenza eccezionali, e che in ciò non sacrificano, ma bensì potenziano, la portata espressiva.

  1. Il conteggio del metro è scritto tra quadre a piè di ogni verso, in casi incerti sono riportati più conteggi diversi separati da una sbarra; I punti esclamativi evidenziano tronchi, i puntini di sospensione sdruccioli.