20 Mar 2021 - MDA DS
In questo post voglio analizzare un pezzo di Antonio Porta che mi ha colpito tantissimo ma non sono riuscito ad analizzare nel precedente post su “i novissimi”.
La poesia in questione è la parte 1 da “la pelliccia del castoro”; l’idea di discuterla brevemente in precedenza alla fine dovetti bocciarla perché allungava ulteriormente un post già molto corposo senza tutto sommato aggiungere nulla di più.
Quindi ho colto l’occasione e mi sono riproposto di dedicargli qualche paragrafo, considerando anche che è tra i pezzi che ho apprezzato di più di tutto il libro.
La serie prende a soggetto il mondo animale e lo usa come metafora principalmente di situazioni sessuali senza tuttavia fermarsi necessariamente li.
Nella parte che qui analizzo questo viene fatto in modo ovvio ma mai esplicito, nel complesso magistralmente.
Riporto ora il testo:
La zebra scatta e s’avvicina,
la coscia allunga le strisce
lucide e accorcia, fa esplodere
lo zoccolo cartucce di sabbia,
fa un rombo di gola penetrata
da una mano abile che nuota
agitando le dita e stringe
la lingua disciolta nella saliva
bollente tra i denti alla deriva
In gola penetra scuotendo,
le anche l’animale impellicciato
dilata la bocca dell’esofago,
lo stomaco si distende, in attesa
d’essere venduto e lavorato
come pelle per guanti.
A grandi linee direi subito che la scena è presa panoramicamente attraverso una spirale, nel senso che si parte dall’esterno, da dettaglio più puramente animalesco e meno suggestivo per poi costruirci intorno, addentrandosi nel cuore della vicenda.
Dettaglio iniziale è la zebra, animale slanciato che da qui un’idea di femminilità, che si approccia, muovendo la coscia, sbattendo lo zoccolo, gesto che da un lato caratterizza il soggetto nella sua animalità e dall’altro introduce subito una motricità oscillatoria che suggerisce la natura dell’atto in corso.
Complesso di interpretazioni che rende esplicita la parvenza provocatoria della figura, che sarà l’innesco alle scene successive.
L’immagine successiva infatti entra nel vivo della vicenda, vista, come anticipavo, tutt’intorno:
Al di la del già nominato movimento spiralico che qui entra nel suo vivo (dall’esterno siamo passati a giro davanti-dietro-davanti, al contempo avvicinandoci, manca solo il definitivo inoltrarsi dentro la scena “dalla bocca”) c’è un forte senso di simultaneità nei tre passi, il fatto stesso che causa del rombo sia si l’inserimento, d’altronde solo suggerito, ma anche il movimento della mano, esplicitato invece, lo denota.
L’altra grossa narrazione si trova nella dinamicità dei dettagli, nel loro divenire, dallo zoccolo si passa alla mano e il rombo, come detto, è un verso intermedio, poliedrico; Tutto ciò delinea la metamorfosi del soggetto che si addomestica e umanizza tramite l’atto sessuale (che, non dovrebbe essere necessario sottolinearlo, è un atto sessuale non canonico, non biblico, dissacro e profondamente umano e “civile”, masturbazione e sesso orale).
Si passa così alla seconda parte della poesia, il movimento spiralico giunge a compimento penetrando definitivamente nella scena e assumendo il punto di vista del secondo protagonista, l’animale impellicciato, villoso e virile, che dalla provocazione iniziale si è fatto predatore e raccoglie e ripropone quel movimento oscillatorio suggerito in apertura (“scuotendo / le anche”) riproponendolo in chiave ben più disordinata e vorace, quasi violenta, coronando il cambio di stile in conclusione alla prima strofa, dove “lingua disciolta” e “denti alla deriva” creavano una nuova atmosfera, introducevano una brutalità inaspettata.
Se la donna si umanizzava l’uomo invece si animalizza e brutalizza insieme, riducendosi a conciatore, la donna e il suo stomaco a prodotto, in un atto che degenera in scena criminale e diventa meccanico-meccanizzato, dalla fluidità si passa alla solidità e rigidezza di una figura incastrata nella sua foga distruttiva, al contempo ammassandosi e coprendosi (l’animale è impellicciato, produce guanti).
Alla luce di ciò è breve il passo per tirare le somme e trovare sotto la scena di sesso orale una critica storica e sociale che vede dalle inebrianti suggestioni della civiltà, che tramite la bellezza e classicità rimaneggiata di una spirale, riesce ad elevare la bestia, che si dimena nella sua oscillatorietà, una circolarità rituale e ordinata, solo per giustificarsi poi nella ridiscesa forzata e dolorosa nella bestialità, tuttavia fasulla, mimata malamente, coperta e vestita, ne consegue necessariamente una disordinata e dissacrata pantomima.
In questa analisi non ho sottolineato troppo i punti che avvalorano le caratteristiche della poetica di Porta che erano uscite fuori nel precedente post, è tuttavia chiaro, e lo esplicito meglio che posso, come il movimento e la dinamicità siano intrinseci e chiave nella narrazione, che passa comunque per fotogrammi; è in sostanza emblematico questo pezzo delle peculiarità del Porta del periodo “i novissimi”.
Con questo chiudo l’analisi di un pezzo per me terribilmente evocativo e carico, potentissimo nella sua brevità.